Siamo oramai in primavera avanzata, e come ogni anno aumenta la voglia di essere in forma. I siti, i giornali e le trasmissioni televisive si rincorrono nel presentare diete, stili di vita, integratori o alimenti brucia grassi. Una sola cosa è certa: si dimagrisce quando le calorie introdotte sono inferiori a quelle consumate! Ma serve davvero stare attenti alle grammature? O potrebbe essere più utile avere un comportamento alimentare corretto e sano, che permetta al nostro organismo di funzionare al meglio? Spesso fame e appetito vengono scambiati per sinonimi ma non lo sono: la fame è una necessità fisiologica necessaria alla vita, non facilmente controllabile. L’appetito invece è più una necessità di mangiare “cose buone”, ed è quindi legato ad un aspetto organolettico e di qualità. Attenzione dunque a non confondere il bisogno di cibo con la voglia di cibo. Il dessert a fine pasto è un classico esempio di voglia di cibo, poiché a quel punto solitamente si sono già assunte abbastanza calorie. In questi casi il bisogno di cibo è solamente psicologico, non fisico. Ma da cosa dipende il senso di fame o sazietà? I meccanismi che regolano il senso di fame e sazietà sono molto complessi, ancora oggi da scoprire completamente, e finemente regolati dal nostro organismo. Il senso di fame o sazietà è dato da un equilibrio di vari ormoni secreti da stomaco, intestino e tessuto adiposo, oltre che da fattori genetici e da altri fattori come il volume dello stomaco, la quantità e la qualità di succhi gastrici. La zona specifica del cervello deputata al controllo del meccanismo fame-sazietà è l’ipotalamo, una piccola zona dell’encefalo che riesce a captare, tramite i vasi sanguigni che vi arrivano, le sostanze nutritive contenute nel sangue, e quindi a capire se il nostro organismo possiede tutte le molecole necessarie alle funzioni vitali. In base quindi a segnali ormonali di fine regolazione, l’ipotalamo organizza una risposta, compresa la comunicazione della necessità di mangiare o non, di mangiare una cosa piuttosto che un’altra. In definitiva, il nostro comportamento alimentare è sotto il controllo dell’ipotalamo, sia come qualità che quantità di alimenti. Mangiando, viene stimolato il centro della sazietà ubicato nell’ipotalamo, ma spesso non riusciamo - o non vogliamo - smettere di magiare, per puro gusto del piacere, arrivando ad introdurre un eccesso di calorie che si tramuta necessariamente ad un accumulo di grasso corporeo. Tale grasso non è necessariamente visibile, ma può accumularsi negli organi (fegato grasso) ed essere presente in eccesso nel sangue (colesterolo, trigliceridi, ecc), portando alla lunga a malattie metaboliche, come il diabete di tipo II, e/o a malattie cardio vascolari, come ictus e infarto. E’ quindi importante quanto mangiamo, ma anche quello che mangiamo, poiché alcuni alimenti ci fanno sentire più sazi, e quindi, a parità di peso, introduciamo necessariamente meno calorie. Ma soprattutto perché alcuni alimenti contengono dei nutrienti che vanno a regolare alcuni meccanismi, anche a livello genetico, così da favorire, o ridurre, il consumo dei grassi. Qualche esempio di alimento ad alto potere saziante? Cibi a bassa densità calorica e ricchi di fibra, che necessitano di più tempo per essere masticati! Parliamo di frutta, verdura, cerali integrali e legumi. Si, quindi, ad insalatone allegre con arance, finocchi, avocado (magari con aggiunta di gamberoni e menta); oppure a farro e soia con pomodorini e zucchine; o ancora, a sformati di verdure secondo fantasia, magari con una punta di zenzero. Via libera alla nostra dieta mediterranea, quella originale che prevedeva cereali integrali e legumi, pesce e olio extra vergine di oliva; poca carne e latticini; pochissimi zuccheri. Il tutto condito da attività fisica regolare, quella mezz’oretta al giorno che non è impossibile da trovare per una passeggiata o una biciclettata, e che dona un benessere psico-fisico di ampio respiro. Al bando sono ovviamente dolci e insaccati. Queste cose oramai le sappiamo tutti. Quello che non sappiamo, invece, è che più consumiamo dolci, più abbiamo la necessità del “gusto dolce”, che porta a perpetuare un meccanismo malato di esigenze impellenti e cali glicemici improvvisi, con necessità continue di assumere più cibo, e quindi più calorie. Al contrario, l’abitudine al consumo di cibi sani e sapori autentici porta ad una ritrovata sazietà, senza la sensazione di appesantimento, che oltretutto conduce anche ad un perfetto equilibrio psico-fisico.
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Parlando con le persone mi accorgo quanta disinformazione ci sia ancora in giro, e quanto possa influire la pubblicità sulle scelte alimentari dei consumatori. Spesso ci fidiamo della marca, della notorietà, della confezione accattivante, o addirittura del testimonial! e non facciamo caso alle etichette.
Anche i “claims” nutrizionali, ovvero le frasette seducenti che vengono riportate sulle confezioni, seppur veritiere e regolamentate da leggi, possono trarre in inganno. E’ vero che uno yogurt può avere 0,1% di grassi, ma quanto zucchero ha? Abbiamo letto i valori nutrizionali e la lista degli ingredienti? Potremmo essere sorpresi nel constatare che un alimento semplice come lo yogurt (latte e fermenti lattici. Punto) possa avere un elenco ingredienti tanto lungo! Molto meglio consumare yogurt al naturale (anche intero, magari con latte di alta qualità!) aggiungendo pezzi di frutta fresca: fragole, mela, pera, frutti di bosco… buonissimo, nutriente, sano. E ancora…. cereali o muesli per la prima colazione Sono pieni di zuccheri e di carboidrati raffinati, che notoriamente fanno ingrassare e alla lunga portano alla sindrome metabolica, in quanto fanno innalzare repentinamente il picco glicemico, aumentando i livelli di glucosio e di insulina nel sangue. Come conseguenza, poco tempo dopo, si avrà un repentino calo di zuccheri nel sangue (la ben nota crisi ipoglicemica!) che costringeranno a desiderare di mangiare ancora, e soprattutto ancora zuccheri! La maggior parte dei cereali che si mangiano a colazione, anche quelli con la dicitura in primo piano “senza grassi” o “integrali”, di solito sono pieni di zuccheri, proprio per sopperire ai pochi grassi contenuti. pane integrale Spesso non lo è. Anche se con le dovute eccezione, solitamente è ottenuto non da farine di cereali integrali, ma da farina bianca cui viene aggiunta la crusca, quindi viene a mancare il “germe di grano” che è la parte più nutritiva del chicco. Il risultato è una farina che presenta tutte le caratteristiche del pane bianco, quindi con alto indice glicemico, con tutte le conseguenze già descritte nel punto precedente. Leggiamo sempre le etichette e assicuriamoci che il primo ingrediente sia la FARINA INTEGRALE!.. e poco altro (acqua, lievito, sale). gallette di riso Nonostante siano più “leggere” al palato, non lo sono con i nutrienti e le calorie! A parità di peso (100gr) le gallette contengono ca 400 Kcal, contro ca 200 del pane!), oltre a contenere più carboidrati, più grassi, più proteine. Se aggiungiamo l’impoverimento delle vitamine dato dal processo tecnologico di estrusione con cui vengono prodotte, e il loro alto indice glicemico, non è giustificata la loro ampia diffusione! Unico vantaggio: pesano pochissimo e riempiono, quindi è facile saziarsi con una quantità inferiore rispetto al pane. sciroppo d’agave E’ diventato famoso come sostituto dello zucchero per i diabetici, in quanto possiede un basso indice glicemico e una capacità dolcificante elevata. Ottenuto dal succo dalla pianta dell’agave (la stessa da cui si ricava la tequila in Messico), veniva usato dai nativi anche per scopi terapeutici, bollito. Quello che però troviamo oggi nei nostri negozi è stato sottoposto a processi industriali che ne alterano le caratteristiche originali sotto il profilo degli zuccheri, sviluppando una quantità notevole di fruttosio, e impoverendolo delle vitamine. Sappiamo oramai che una dieta particolarmente ricca di fruttosio aumenta l'insulino-resistenza: il fruttosio è lo zucchero che non innalza la glicemia e non produce una risposta glicemica diretta (per questo era stato caldeggiato negli anni passati soprattutto per i diabetici). Al contempo, però, agisce sul metabolismo epatico, ostacolando il deposito di glucosio sotto forma di glicogeno, e aumentando la sintesi di trigliceridi, contribuendo così alla comparsa dell’insulino-resistenza. zucchero di canna grezzo Non è diverso da quello raffinato, in termini di calorie. Sono entrambi lavorati, cambia solo il livello di raffinazione. Senza dubbio meglio usare uno zucchero integrale di canna, quello umido e impaccato, meno “bello” alla vista ma meno raffinato, quindi povero di residui chimici di lavorazione e più ricco di minerali. Va da sé che, se lo zucchero integrale contiene meno saccarosio, è anche meno dolcificante, pertanto alcune persone potrebbero usarne di più rispetto a quello normale, al fine di raggiungere il grado di dolcezza auspicato. In definitiva, il risultato non cambia! L'unico modo per assumere meno zucchero con l'alimentazione è quello di usarne meno, altrimenti, prediligere quello integrale non ha alcun impatto benefico di spicco sull'organismo, anche perché i nutrienti aggiuntivi che lo caratterizzano sono tutti ben presenti all'interno di una dieta equilibrata, sana e bilanciata, che ricordiamo essere l’unico vero “trucco” per mantenerci in salute e in forma. |
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