Il termine è stato coniato per promuovere alcuni alimenti particolarmente ricchi di nutrienti come mirtilli, broccoli, cacao, the, semi di lino, ma anche bacche di goji, tè verde, quinoa, ecc.
Si tratta senza dubbio di alimenti sanissimi, che hanno molti vantaggi ad essere consumati, ma che non possono essere la soluzione di tutti i mali come il marketing o la moda del momento vuole farci credere! La ricerca scientifica è molto cauta: quello che pos...siamo affermare è che la preziosità di questi alimenti consiste nel loro alto contenuto di sostanze che ci aiutano a mantenerci in salute, come vitamine, sali minerali, antiossidanti ecc., ma che non sono in concentrazioni tali da poter essere delle medicine. Spesso negli studi scientifici vengono utilizzate dosi molto differenti da quelle contenute nei cibi o che possono essere effettivamente consumate. Un altro fattore determinante è che gli alimenti e le sostanze vengono studiate singolarmente, non valutando la molteplicità di interazioni che possono avvenire in un organismo, e che dipendono dalla genetica del soggetto, dal suo stile di vita, dalla biodisponibilità, dal consumo contemporaneo di altri alimenti e così via. Molti dei nutrienti che troviamo in alcuni di questi superfood li troviamo anche in un gran numero di altri alimenti che quotidianamente consumiamo o che dovremmo consumare, soprattutto frutta e verdura, ma anche legumi, semi, e alcuni pesci, ricchi di omega 3. Con questo non vogliamo dire che sia inutile consumarli, tutt’altro! Sono alimenti preziosi e alleati della nostra salute, ma focalizzare l’ attenzione su un singolo alimento o su un ristretto gruppo di alimenti, senza variare la dieta, potrebbe essere addirittura controproducente e portare a stati carenziali. Il mio consiglio rimane sempre quello di variare spesso la dieta, di utilizzare alimenti di stagione, e di mantenere uno stile di vita attivo. La bella stagione che sta per arrivare aiuta!!
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Le nuove linee guida sono il risultato del lavoro tra le società scientifiche e l’Istituto Superiore di Sanità, nell’ambito del “Piano di Azione dell’Ue contro l’obesità infantile 2014-2020”. L’incremento continuo dell’obesità infantile ci fa capire che manca una consapevolezza sull’importanza dell’alimentazione, fattore centrale invece nel prevenire problemi come sindrome metabolica, pressione alta e diabete, che negli ultimi anni esordiscono sempre più precocemente. Si ribadisce l'importanza degli interventi nutrizionali precoci, nei primi 1.000 giorni di vita: gravidanza, allattamento , divezzamento. Il documento è disponibile sotto forma di domande e risposte per migliorarne la fruibilità anche ai non addetti ai lavori, e viene qui sotto allegato.
Un intestino ben funzionante è oggi ritenuto fondamentale per assicurare uno stato di salute ottimale per prevenire allergie e intolleranze alimentari, e molte altre patologie legate all'infiammazione intestinale quali morbo di Chron, diverticolosi, celiachia ecc. ma anche candidosi, depressioni, obesità e disturbi neurologici, tanto da venire oggi ritenuto un organo a tutti gli effetti, che agisce sulla fisiologia e sul metabolismo dell’individuo ospite, con il quale stabilisce una vera e propria cooperazione. Questo ruolo dell’intestino è legato al suo microbiota, l’insieme di microrganismi che lo abitano, approssimativamente 100 trilioni di batteri che appartengono a più di 1000 specie diverse, che devono essere in equilibrio tra loro (eubiosi) per poterci mantenere in buona salute. Se è vero che noi siamo ciò che mangiamo, anche i batteri intestinali che vivono con noi “sono” quel che introduciamo con la nostra dieta giornaliera. Il nostro microbiota si è trasformato nel corso degli anni, partendo da un numero molto maggiore di specie, e riducendosi man mano. Il motivo? La nostra alimentazione, sempre meno varia, ricca di additivi e antibiotici, e l’uso a volte smodato di farmaci. Quindi la dieta può modificare il microbiota intestinale? Certo, ed è vero anche il contrario: da una parte il microbiota agisce sulle sostanze nutritive ingerite, utilizzandole come alimento e trasformandole in altre sostanze che possono essere utili o dannose a seconda del substrato di partenza; dall'altro il cibo ha un grosso impatto sulla selezione della tipologia e della quantità di microflora. E' stato dimostrato che i cambiamenti di dieta possono modificare la composizione microbica, con il vantaggio che ognuno di noi ha la possibilità di modificare il proprio assetto microbico, indipendentemente da quello iniziale. Considerando che la composizione microbica influisce su tutti gli aspetti del nostro metabolismo e della nostra salute, possiamo immaginare l’importanza che ha una dieta adeguata. Cambiare tipo di alimentazione modifica molto più velocemente di quanto pensiamo il microbiota intestinale: ad esempio passare da una alimentazione prevalentemente ricca di carne ad un’alimentazione vegetariana in solo 24h accresce le colonie di batteri in grado di produrre l’acido butirrico, che ha un importante ruolo anti-infiammatorio e protettivo. Quale dieta migliore per la salute del microbiota intestinale? Premesso che ognuno dovrebbe seguire una dieta costruita su misura, in base alle personali problematiche, esistono dei principi generali validi per tutti. Una dieta sana, equilibrata e varia , basata su cibi di stagione, freschi e preferibilmente crudi è sempre alla base dell’omeostasi dell’organismo e, quindi, anche dell’eubiosi. Via libera ai legumi (ceci, fagioli lenticchie, cicerchie...e ai cereali integrali (pasta, orzo, riso, frumento, farro, kamut...), avendo cura di alternarli; sì ai cibi fermentati come lo yogurt, l’aceto, il miso o il tempeh. La dieta mediterranea è sempre la migliore: poca carne e pochi grassi animali (formaggi, burro e latte), sì a pesce azzurro e semi in genere per il loro contenuto di omega 3 che protegge l’intestino dagli stati infiammatori e consente di selezionare un microbiota più sano. In genere è sempre meglio preferire cibi con un indice glicemico basso: oltre a dare un maggiore senso di sazietà immediato, rallentano lo svuotamento gastrico facendo arrivare più gradualmente i carboidrati nell’intestino con un minore assorbimento del glucosio. E in gravidanza? E’ importante che le mamme sappiano che il primo microbiota si forma già nella vita intra-fetale, e il nascituro in gran parte lo eredita da quello della mamma, che gli viene trasmesso attraverso la placenta, e successivamente col parto, e in seguito con il contatto con la pelle e l’allattamento. E’ quindi importante che la mamma curi l’alimentazione durante la gravidanza e nel corso dell’allattamento per favorire un microbiota favorevole, poiché questo darà un imprinting determinante a quello del neonato per lo sviluppo del sistema immunitario del neonato. Non è un caso se i figli allattati al seno da mamme che soffrono di patologie intestinali hanno più problemi di eczema, reflusso, scarsa crescita e afte. In conclusione... Un microbiota in equilibrio è importante per lo svolgimento di molte funzioni, come la protezione da agenti patogeni, la modulazione del sistema immunitario, la regolazione delle capacità di assorbimento dell’epitelio intestinale ed anche il mantenimento di un peso corretto. Un’alimentazione salutare e varia può favorire una flora batterica sana e migliorare la salute in generale. La nuova Giunta Appendino di Torino ha deciso di promuovere la dieta vegana e vegetariana sul territorio comunale, “come atto fondamentale per salvaguardare l’ambiente, la salute e gli animali”. Tale decisione fa discutere, e non solo la gente comune ma anche gli operatori del settore, che non sono tutti d’accordo.
Chiariamo innanzi tutto che il vegetariano è colui che non mangia gli animali (né carne né pesce) ma mantiene i derivati, ovvero latte, latticini, burro, formaggio, uova, miele. Invece il vegano è colui che non introduce alcun tipo di animale né di derivato animale. Entrambi possono vivere benissimo, anzi studi scientifici, anche molto recenti, lo dimostrano. Con l’unica diferenza che il vegano deve assumere la Vit- B12, che si trova solo nei cibi di origine animale. Ma che le diete “vegetali” facessero bene già lo sapevamo, con tanti studi a dimostrazione che le persone che seguono questi regimi alimentari vivono più a lungo, sono più magri e meno esposti alle malattie del mondo “occidentale”, come diabete, ictus, infarti, displipidemie e sono anche meno a rischio verso alcuni tipi di tumore. Dove sta la novità? In parte nel fatto che se ne sta parlando sempre di più, che sono sempre di più gli studi che correlano positivamente i vegani e i vegetariani con benessere e salute, anche perché lo stile di vita spesso condotto da queste persone spesso è più consapevole, più attento alla qualità, al biologico, alla salute in genere, quindi vi si associano anche meno fattori di rischio quali sedentarietà, fumo e alcol. Ma la grande novità è che anche le istituzioni, prima contrarie o comunque non schierate, iniziano ora a prendere posizione. La Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), che riunisce gli studiosi e gli esperti di tutti gli ambiti legati al mondo della nutrizione, nonché punto di riferimento per le istituzioni a riguardo della corretta alimentazione, sostiene che l'alimentazione vegana-vegetariana sia una scelta raccomandabile e che sia possibile in ogni stadio di età (dalla nascita alla vecchiaia), se ben pianificata. Anche l'American Dietetic Association (ADA), la più prestigiosa associazione di nutrizionisti al mondo, già nel 2003 aveva dichiarato, dopo attenti studi che hanno analizzato tutta la letteratura scientifica, che le diete vegetariane correttamente pianificate, comprese le diete totalmente vegetariane o vegane, sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale, e possono conferire benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. Anche l’ADA specifica che le diete vegetariane ben pianificate sono appropriate per individui in tutti gli stadi del ciclo vitale, ivi inclusi gravidanza, allattamento, prima e seconda infanzia e adolescenza, e per gli atleti. Il problema è capire cosa significa ben pianificata! Il lavoro dell’ADA ha preso in rassegna i dati scientifici relativi ai nutrienti chiave per i vegetariani, ovvero proteine, acidi grassi omega-3, Ferro, Zinco, Iodio, Calcio, e le vitamine D e B12, ed ha concluso che tale dieta, ben pianificata e bilanciata, è in grado di soddisfare le esigenze di questi nutrienti, anche se in alcuni casi potrebbe essere utile l'uso di cibi fortificati o di integratori. Viene altresì specificato che “la variabilità delle abitudini dietetiche dei vegetariani rende fondamentale la valutazione individuale dell'adeguatezza nutrizionale della dieta”. Il che equivale a dire che i professionisti degli alimenti e della nutrizione possono giocare un ruolo chiave nell'educare i vegetariani sulle fonti alimentari di specifici nutrienti, sull'acquisto e la preparazione dei cibi, e su ogni modificazione dietetica necessaria a soddisfare le richieste individuali” (J Am Diet Assoc. 2009; 109: 1266-1282.) Va notato che quando si dice "correttamente bilanciata" o “ben pianificata” non si intende che per una dieta vegetariana siano necessarie maggiori attenzioni che per una dieta onnivora, ma semplicemente diverse: nella dieta vegetariana è più facile andare in deficit di proteine, mentre in una dieta onnivora è più facile andare in carenza di vitamine o sali minerali, e di eccedere con i grassi saturi. In particolare, i latto-ovo-vegetariani devono fare attenzione a non commettere errori "da eccesso", come sostituire la carne aumentando l'assunzione di cibi animali indiretti (in modo particolare latticini e formaggi); così facendo può addirittura aumentare l'assunzione di grassi e proteine animali e per contro risulta penalizzata l'assunzione di cibi di origine vegetale. Per i latto-ovo-vegetariani l'unica carenza ipotizzabile è quella di ferro, che può essere evitata con questi piccoli accorgimenti:
Buona norma per tutti, onnivori inclusi, è di inserire nella dieta moderate quantità di semi e frutta secca (pistacchi, mandorle, noci, semi di girasole e zucca), ricchi di zinco e ferro. In particolare le noci contengono acido linolenico, il precursore degli omega 3, che secondo alcuni studi, aiuta a ridurre l'incidenza di malattie cardiovascolari e a mobilitare il grasso viscerale. Per concludere, dal mio punto di vista, è sconsigliabile una dieta vegana nei bambini, che sarebbe invece da introdurre solo con l’età adulta, e come scelta personale. Nessuna controindicazione, invece, per il regime vegetariano, in tutte le sue forme (latto-ovo vegetariano - pesco vegetariano), che apporta in maniera totale e semplice tutti i nutrienti necessari, anche per un bambino in crescita. Referenze
Siamo oramai in primavera avanzata, e come ogni anno aumenta la voglia di essere in forma. I siti, i giornali e le trasmissioni televisive si rincorrono nel presentare diete, stili di vita, integratori o alimenti brucia grassi. Una sola cosa è certa: si dimagrisce quando le calorie introdotte sono inferiori a quelle consumate! Ma serve davvero stare attenti alle grammature? O potrebbe essere più utile avere un comportamento alimentare corretto e sano, che permetta al nostro organismo di funzionare al meglio? Spesso fame e appetito vengono scambiati per sinonimi ma non lo sono: la fame è una necessità fisiologica necessaria alla vita, non facilmente controllabile. L’appetito invece è più una necessità di mangiare “cose buone”, ed è quindi legato ad un aspetto organolettico e di qualità. Attenzione dunque a non confondere il bisogno di cibo con la voglia di cibo. Il dessert a fine pasto è un classico esempio di voglia di cibo, poiché a quel punto solitamente si sono già assunte abbastanza calorie. In questi casi il bisogno di cibo è solamente psicologico, non fisico. Ma da cosa dipende il senso di fame o sazietà? I meccanismi che regolano il senso di fame e sazietà sono molto complessi, ancora oggi da scoprire completamente, e finemente regolati dal nostro organismo. Il senso di fame o sazietà è dato da un equilibrio di vari ormoni secreti da stomaco, intestino e tessuto adiposo, oltre che da fattori genetici e da altri fattori come il volume dello stomaco, la quantità e la qualità di succhi gastrici. La zona specifica del cervello deputata al controllo del meccanismo fame-sazietà è l’ipotalamo, una piccola zona dell’encefalo che riesce a captare, tramite i vasi sanguigni che vi arrivano, le sostanze nutritive contenute nel sangue, e quindi a capire se il nostro organismo possiede tutte le molecole necessarie alle funzioni vitali. In base quindi a segnali ormonali di fine regolazione, l’ipotalamo organizza una risposta, compresa la comunicazione della necessità di mangiare o non, di mangiare una cosa piuttosto che un’altra. In definitiva, il nostro comportamento alimentare è sotto il controllo dell’ipotalamo, sia come qualità che quantità di alimenti. Mangiando, viene stimolato il centro della sazietà ubicato nell’ipotalamo, ma spesso non riusciamo - o non vogliamo - smettere di magiare, per puro gusto del piacere, arrivando ad introdurre un eccesso di calorie che si tramuta necessariamente ad un accumulo di grasso corporeo. Tale grasso non è necessariamente visibile, ma può accumularsi negli organi (fegato grasso) ed essere presente in eccesso nel sangue (colesterolo, trigliceridi, ecc), portando alla lunga a malattie metaboliche, come il diabete di tipo II, e/o a malattie cardio vascolari, come ictus e infarto. E’ quindi importante quanto mangiamo, ma anche quello che mangiamo, poiché alcuni alimenti ci fanno sentire più sazi, e quindi, a parità di peso, introduciamo necessariamente meno calorie. Ma soprattutto perché alcuni alimenti contengono dei nutrienti che vanno a regolare alcuni meccanismi, anche a livello genetico, così da favorire, o ridurre, il consumo dei grassi. Qualche esempio di alimento ad alto potere saziante? Cibi a bassa densità calorica e ricchi di fibra, che necessitano di più tempo per essere masticati! Parliamo di frutta, verdura, cerali integrali e legumi. Si, quindi, ad insalatone allegre con arance, finocchi, avocado (magari con aggiunta di gamberoni e menta); oppure a farro e soia con pomodorini e zucchine; o ancora, a sformati di verdure secondo fantasia, magari con una punta di zenzero. Via libera alla nostra dieta mediterranea, quella originale che prevedeva cereali integrali e legumi, pesce e olio extra vergine di oliva; poca carne e latticini; pochissimi zuccheri. Il tutto condito da attività fisica regolare, quella mezz’oretta al giorno che non è impossibile da trovare per una passeggiata o una biciclettata, e che dona un benessere psico-fisico di ampio respiro. Al bando sono ovviamente dolci e insaccati. Queste cose oramai le sappiamo tutti. Quello che non sappiamo, invece, è che più consumiamo dolci, più abbiamo la necessità del “gusto dolce”, che porta a perpetuare un meccanismo malato di esigenze impellenti e cali glicemici improvvisi, con necessità continue di assumere più cibo, e quindi più calorie. Al contrario, l’abitudine al consumo di cibi sani e sapori autentici porta ad una ritrovata sazietà, senza la sensazione di appesantimento, che oltretutto conduce anche ad un perfetto equilibrio psico-fisico. |
ABOUTCon questa pagina il mio obiettivo è di riportare informazioni, novità o curiosità dal mondo scientifico, opportunamente lette in chiave critica e riproposte in chiave semplificata, affinché possano risultare di interesse per coloro che, sempre più numerosi, sono attenti alla salute tramite l'alimentazione: coloro che vogliono capire per poter scegliere
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