Parlando con le persone mi accorgo quanta disinformazione ci sia ancora in giro, e quanto possa influire la pubblicità sulle scelte alimentari dei consumatori. Spesso ci fidiamo della marca, della notorietà, della confezione accattivante, o addirittura del testimonial! e non facciamo caso alle etichette.
Anche i “claims” nutrizionali, ovvero le frasette seducenti che vengono riportate sulle confezioni, seppur veritiere e regolamentate da leggi, possono trarre in inganno. E’ vero che uno yogurt può avere 0,1% di grassi, ma quanto zucchero ha? Abbiamo letto i valori nutrizionali e la lista degli ingredienti? Potremmo essere sorpresi nel constatare che un alimento semplice come lo yogurt (latte e fermenti lattici. Punto) possa avere un elenco ingredienti tanto lungo! Molto meglio consumare yogurt al naturale (anche intero, magari con latte di alta qualità!) aggiungendo pezzi di frutta fresca: fragole, mela, pera, frutti di bosco… buonissimo, nutriente, sano. E ancora…. cereali o muesli per la prima colazione Sono pieni di zuccheri e di carboidrati raffinati, che notoriamente fanno ingrassare e alla lunga portano alla sindrome metabolica, in quanto fanno innalzare repentinamente il picco glicemico, aumentando i livelli di glucosio e di insulina nel sangue. Come conseguenza, poco tempo dopo, si avrà un repentino calo di zuccheri nel sangue (la ben nota crisi ipoglicemica!) che costringeranno a desiderare di mangiare ancora, e soprattutto ancora zuccheri! La maggior parte dei cereali che si mangiano a colazione, anche quelli con la dicitura in primo piano “senza grassi” o “integrali”, di solito sono pieni di zuccheri, proprio per sopperire ai pochi grassi contenuti. pane integrale Spesso non lo è. Anche se con le dovute eccezione, solitamente è ottenuto non da farine di cereali integrali, ma da farina bianca cui viene aggiunta la crusca, quindi viene a mancare il “germe di grano” che è la parte più nutritiva del chicco. Il risultato è una farina che presenta tutte le caratteristiche del pane bianco, quindi con alto indice glicemico, con tutte le conseguenze già descritte nel punto precedente. Leggiamo sempre le etichette e assicuriamoci che il primo ingrediente sia la FARINA INTEGRALE!.. e poco altro (acqua, lievito, sale). gallette di riso Nonostante siano più “leggere” al palato, non lo sono con i nutrienti e le calorie! A parità di peso (100gr) le gallette contengono ca 400 Kcal, contro ca 200 del pane!), oltre a contenere più carboidrati, più grassi, più proteine. Se aggiungiamo l’impoverimento delle vitamine dato dal processo tecnologico di estrusione con cui vengono prodotte, e il loro alto indice glicemico, non è giustificata la loro ampia diffusione! Unico vantaggio: pesano pochissimo e riempiono, quindi è facile saziarsi con una quantità inferiore rispetto al pane. sciroppo d’agave E’ diventato famoso come sostituto dello zucchero per i diabetici, in quanto possiede un basso indice glicemico e una capacità dolcificante elevata. Ottenuto dal succo dalla pianta dell’agave (la stessa da cui si ricava la tequila in Messico), veniva usato dai nativi anche per scopi terapeutici, bollito. Quello che però troviamo oggi nei nostri negozi è stato sottoposto a processi industriali che ne alterano le caratteristiche originali sotto il profilo degli zuccheri, sviluppando una quantità notevole di fruttosio, e impoverendolo delle vitamine. Sappiamo oramai che una dieta particolarmente ricca di fruttosio aumenta l'insulino-resistenza: il fruttosio è lo zucchero che non innalza la glicemia e non produce una risposta glicemica diretta (per questo era stato caldeggiato negli anni passati soprattutto per i diabetici). Al contempo, però, agisce sul metabolismo epatico, ostacolando il deposito di glucosio sotto forma di glicogeno, e aumentando la sintesi di trigliceridi, contribuendo così alla comparsa dell’insulino-resistenza. zucchero di canna grezzo Non è diverso da quello raffinato, in termini di calorie. Sono entrambi lavorati, cambia solo il livello di raffinazione. Senza dubbio meglio usare uno zucchero integrale di canna, quello umido e impaccato, meno “bello” alla vista ma meno raffinato, quindi povero di residui chimici di lavorazione e più ricco di minerali. Va da sé che, se lo zucchero integrale contiene meno saccarosio, è anche meno dolcificante, pertanto alcune persone potrebbero usarne di più rispetto a quello normale, al fine di raggiungere il grado di dolcezza auspicato. In definitiva, il risultato non cambia! L'unico modo per assumere meno zucchero con l'alimentazione è quello di usarne meno, altrimenti, prediligere quello integrale non ha alcun impatto benefico di spicco sull'organismo, anche perché i nutrienti aggiuntivi che lo caratterizzano sono tutti ben presenti all'interno di una dieta equilibrata, sana e bilanciata, che ricordiamo essere l’unico vero “trucco” per mantenerci in salute e in forma.
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Come facciamo a rinunciare al gusto delle patatine o delle alette di pollo fritte? Soprattutto in una realtà in cui ce le troviamo davanti ad ogni angolo di strada... Dobbiamo però fare molta attenzione perché durante i processi di cottura ad alte temperature (come nella frittura) si sviluppa una sostanza tossica: l’acrilamide. Proprio la stessa reazione che conferisce l’aspetto abbrustolito ai cibi e li rende più gustosi è quella più pericolosa. Si chiama "reazione di Maillard", e avviene tra carboidrati e aminoacidi, soprattutto con l'aminoacido "asparagina" che è normalmente presente in tanti aliment. Ovviamente anche il tempo gioca la sua parte: più lungo è il processo, maggiore è la quantità di composto che si forma, creando reazioni di imbrunimento. Sono soprattutto i prodotti amidacei a creare problemi, ma anche carne e pesce "rivestiti" della panatura, che ne aumenta il contenuto in carboidrati. L’acrilamide è un composto scoperto negli alimenti per la prima volta nel 2002, ma che risulta anche da molti usi industriali non alimentari, ed è presente nel fumo di tabacco. Il 4 giugno 2015 l’EFSA (European Food Safety Auitority, l’autorità europea per la sicurezza alimentare) ha pubblicato la sua prima valutazione completa dei rischi da acrilamide negli alimenti. Il gruppo scientifico dell’EFSA ha ribadito le precedenti valutazioni in base alle quali l’acrilamide presente negli alimenti può aumentare il rischio di sviluppare il cancro nei consumatori per tutte le fasce d’età. Tuttavia sono in corso ancora studi e approfondimenti in quanto ad oggi le prove sono ricavate essenzialmente da studi su animali, che mostrano che l’acrilamide e il suo metabolita, la glicidamide, sono genotossiche e cancerogene: danneggiano cioè il DNA e provocano il cancro. La legislazione definisce valori massimi per alcune tipologie di alimenti, che i preparatori del settore dovrebbero rispettare (patatine fritte ma anche caffè e cereali per la prima colazione). Tali valori, espressi in 100g di alimento, sono riportati nell’Allegato della raccomandazione 2013/647 dell’Unione Europea, che non contempla però i pericoli di accumulo, ovvero cosa succede se supero i 100g di un determinato alimento che contiene acrilamide, o se mangio più alimenti contemporaneamente. Sul banco degli imputati ci sono soprattutto le patatine fritte, ma anche il caffè e il pane tostati eccessivamente. Dall’indagine dell’EFSA, basata su oltre 43 mila campioni di alimenti raccolti e analizzati in 24 Paesi europei tra il 2010 e il 2014 è emerso che quelli più esposti alla contaminazione chimica da acrilammide sono i succedanei del caffè (come la bevanda solubile), il caffè in polvere e le patatine fritte. Più bassi, invece, i valori riscontrati nei cereali per la prima colazione, nel pane morbido e negli alimenti destinati ai bambini. Nonostante il primato del caffè, però, a preoccupare è soprattutto la contaminazione diffusa riscontrata nelle patate, che risultano consumate con frequenza tra i bambini (a differenza del caffè), più esposti ai danni dell’acrilammide in ragione del peso inferiore. Sono in corso studi per selezionare varietà di patate che contengano poca asparagina, così da limitare la formazione delle sostanze tossiche, anche se senza dubbio questo è un processo piuttosto lungo. Nel frattempo è bene adottare qualche indicazione di massima: - non conservare le patate a basse temperature, come nel frigorifero, per evitare di aumentarne la quota di zuccheri liberi che poi sono in grado di reagire con l’asparagina; preferire un luogo buio, per evitarne la germinazione - preferire cotture salutari come la bollitura e a quella a vapore - meglio cuocere le patate dopo averle tenute in acqua per 15’-30’, non farle germogliare prima di portarle a tavola - nella frittura usare oli con alto punto di fumo: olio di oliva e olio d'arachide sono perfetti, se conservati ben chiusi e al buio - Usare friggitrice o un termometro per verificare che non si superi la temperatura del punto di fumo. Non bisognerebbe mai friggere a una temperatura inferiore a 160 e superiore a 180 gradi. È in questo intervallo che, con un tempo adeguato, si ottiene la migliore cottura senza la liberazione di sostanze tossiche - Usare una padella alta e stretta, che tiene basso il punto di fumo. Sarebbe bene friggere sempre in abbondante olio - Cambiare spesso l’olio, anzi sarebbe meglio usarlo una sola volta e comunque non quando è diventato scuro - Non riempire troppo la pentola con il cibo, per favorire una buona cottura ed evitare che i vari pezzi si appicchino tra loro Ricordiamo che Il punto di fumo è la temperatura alla quale la composizione dell’olio cambia e si producono le sostanze tossiche; è specifico per ogni olio, ed è influenzato dalla quantità di acidi grassi liberi, che a loro volta si sviluppano dall’esposizione alle temperature alte. E attenzione… abbiamo parlato di olio di oliva e non di extra vergine di oliva! L’extravergine di oliva, non essendo raffinato e quindi dotato di una scorta di acidi grassi liberi superiore, ha una quota di sostanze che lo rendono pregiato, ma che ad alte temperature vengono degradate, assieme all’aroma, che tende a svanire. Ecco perché, se non a basse temperature, il suo utilizzo nelle fritture non è consigliato. Per quanto riguarda il pane tostato, è meglio eliminare la parte che dovesse risultare eccessivamente imbrunita. Quindi, senza allarmismi inutili, è bene seguire le regole della sana alimentazione, che comunque, in generale, contempla la riduzione del consumo di cibi fritti- per abbattere l’esposizione all’acrilamide-, fare in modo che questi non siano troppo imbruniti, e possibilmente consumarli accompagnati con frutta e verdura, ricche di antiossidanti che contrastano l’effetto tossico dell’acrilamide. Un'alimentazione diversificata ed equilibrata è sempre la scelta vincente. L'osteoartrite (OA) è una malattia degenerativa cronica delle articolazioni sinoviali e una causa comune di disabilità locomotoria degli adulti. Non c'è alcuna cura, o cure efficaci che arrestino o rallentino la sua progressione. I trattamenti farmacologici correnti, come gli analgesici, possono migliorare il dolore ma non ne alterano la progressione. Anzi, i farmaci abitualmente utilizzati per il trattamento sintomatico sono associati ad effetti collaterali che hanno portato ad un crescente interesse verso l’utilizzo di opzioni alternative. Studi recenti suggeriscono che i composti nutraceutici come i flavonoidi, polifenoli, fito e bioflavonoidi, derivati da tè verde, melograno, zenzero, curcuma e rosa canina, hanno mostrato promettenti prove preliminari per il loro effetto nella prevenzione e nel trattamento di OA. Ma cosa sono i nutraceutici? Sono alimenti o prodotti alimentari che forniscono prestazioni salutistiche, comprese la prevenzione e/o il trattamento di una malattia, che offrono non solo profili di sicurezza elevati, ma possono esercitare modifiche nella malattia e nei sintomi. Studi pre-clinici e clinici attuali sono risultati promettenti, e mostrano che i singoli composti nutraceutici esercitano effetti benefici sul OA, a livello di miglioramento della sensazione del dolore e di funzionalità, anche se i loro effetti sul miglioramento della malattia non sono stati ancora chiaramente dimostrati, anche per il fatto che OA è una malattia cronica, complessa e con molteplici fattori di rischio. Probabilmente gli approcci futuri saranno basati su una combinazione di composti, che nel loro insieme potranno agire su aspetti antinfiammatori, antiossidanti, analgesici. I principali composti studiati sono: Il the verde, anche se nonostante l’elevata concentrazione di antiossidanti non sembra avere molti effetti sull’artrosi. Il melograno, che è ampiamente usato nella medicina tradizionale cinese per trattare l'infiammazione e il dolore nelle malattie tra cui l'artrite. Ricco di polifenoli e antociani, ha elevate proprietà antiossidanti e anti-infiammatorie. Lo zenzero è un condimento ampiamente utilizzato ed è stato a lungo prescritto in Cina e in India per le condizioni, come nausea, vomito, mal di testa, e l'artrite, a causa dei suoi effetti stimolanti anti-infiammatori. Il Ginger non è tossico ed è generalmente riconosciuto come sicuro da parte della Food and Drug Administration. In alternativa alla terapia con FANS per le condizioni artritiche, lo zenzero ha mostrato risultati moderatamente positivi. Da uno studio randomizzato controllato con placebo, è emerso che i pazienti con OA trattati con estratti di zenzero hanno mostrato un miglioramento maggiore del dolore rispetto al gruppo placebo. La curcuma è una spezia generalmente considerata sicura, il cui componente principale è la curcumina. Sebbene la curcumina abbia dimostrato effetti anti-infiammatori in vitro, non ci sono dati clinici disponibili per l'effetto della curcumina nel trattamento dell’osteoartrosi, anche se iquesti pazienti trattati con formulazioni contenente curcumina hanno mostrato risultati positivi nella gestione del dolore e della mobilità rispetto al placebo di controllo. L’estratto di rosa canina in polvere viene estratto dai frutti della pianta di rosa, ed è stato ampiamente utilizzato nella medicina tradizionale. Una meta-analisi di studi randomizzati e controllati ha mostrato che può avere una riduzione del dolore e ha portato a ridurre l'uso di analgesici nei pazienti con OA. Notiamo che fino a qualche anno fa si tendeva a fare una distinzione netta tra artrosi e artrite, che in effetti sono due malattie diverse. L'artrosi è un processo prevalentemente degenerativo e progressivo, non infiammatorio, dato soprattutto dall’età e dall’usura; l'artrite è un'infiammazione provocata da cause diverse, solitamente autoimmune e che può insorgere a qualsiasi età. Oggi i confini non sono così netti, e si parla appunto di osteoartrite, dove l'artrosi in pratica viene considerata una forma di artrite cronica. Di conseguenza quanto sopra riportato si può estendere anche alle diverse forme di artrite, che in generale necessitano di una dieta sana e bilanciata come detta il buon senso: pochi carboidrati raffinati, tanta frutta e verdura, almeno 2 litri di acqua al giorno, un buon rapporto di omega6/omega3 che si raggiunge consumando pesce 2-3 volte la settimana, cibi ricchi di Vit. C e D, e di oligoelementi. Bibliografia 1 - Indian J Physiol Pharmacol. 2013 Apr-Jun;57(2):177-83. Efficacy and tolerability of ginger (Zingiber officinale) in patients of osteoarthritis of knee. - Paramdeep G. 2 - Int J Mol Sci. 2013 Nov 21;14(11):23063-85. doi: 10.3390/ijms141123063. - Nutraceuticals: potential for chondroprotection and molecular targeting of osteoarthritis. Leong DJ1, Choudhury M, Hirsh DM, Hardin JA, Cobelli NJ, Sun HB. 3-Am Fam Physician. 2011 Jun 1;83(11):1287-92. - Treatment of knee osteoarthritis. Ringdahl E1, Pandit S. 4-www.angen.net Sappiamo tutti quanto il consumo di sale possa portare a problemi come ipertensione, aumento del rischio di tumori, malattie cardiovascolari, renali e osteoporosi. In Italia il consumo medio giornaliero oltrepassa i 10g al giorno, che equivale a oltre il doppio della dosa giornaliera raccomandata dall' OMS! Purtroppo non si tratta solo del sale aggiunto, facilmente riconoscibile e quantificabile, ma soprattutto di quello "nascosto" negli alimenti, come il glutammato di sodio che è presente nei dadi da brodo e in molti cibi pronti, sia nelle preparazioni casalinghe sia in quelle industriali. Entro Dicembre 2016 sarà obbligatorio riportare in etichetta la quantità di sale, e non più sodio, facilitandone così la comprensione da parte del consumatore. E’ importante che il consumatore sappia riconoscere la quantità di sale o sodio negli alimenti: la maggior parte dei prodotti derivati dai cereali (compreso il pane!), salumi e formaggi preconfezionati, prodotti inscatolati sono solitamente addizionati di sale. Nella realtà delle abitudini di consumo in Italia resta il problema del sale che si ritrova nei prodotti la cui porzionatura avviene al banco vendita. In questo caso, al consumatore non viene offerta alcuna notizia circa la quantità di sale presente in quello che acquista e consuma. Al consumo di sale può essere legata l’assunzione di Iodio, la cui quantità assunta con gli alimenti non è spesso sufficiente a garantirne l’adeguato apporto giornaliero. Lo iodio è un elemento che il nostro organismo non sintetizza, e allo stesso tempo è fondamentale per alcune funzioni vitali del nostro organismo, quali la sintesi degli ormoni della tiroide. Necessariamente lo dobbiamo introdurre con la dieta: gli alimenti più ricchi di iodio sono i pesci di mare ed i crostacei, ma anche uova, latte e carne ne contengono importanti quantità, mentre concentrazioni minori si ritrovano nei vegetali e nella frutta. Ricordiamo che il fabbisogno giornaliero si aggira intorno ai 150 μg/giorno mentre bambini e donne in gravidanza devono assumerne 50-100 μg/giorno in più. Pericoli possono esserci per i vegetariani stretti che non consumano pesce e prodotti di origine animale in genere. Ma perché è importante lo Iodio? La carenza di iodio ha ripercussioni particolarmente gravi sullo sviluppo mentale e fisico del bambino. La carenza di ormone tiroideo nell’età fetale e neonatale può portare, nei casi più gravi, a cretinismo. Nell’adulto, invece, determina il gozzo, le cui conseguenze sono più o meno severe a seconda dell’età e del sesso del soggetto. Il gozzo è la malattia tiroidea più diffusa al mondo. Anche se la malattia è più diffusa in paesi in via di sviluppo, focolai di carenza iodica si trovano nella maggior parte dei paesi europei. Dalle ultime rilevazioni del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (Cnesps) dell’Istituto superiore di sanità, in Italia si ammalano di gozzo circa 6 milioni di persone, più del 10 per cento della popolazione del nostro paese e l’impatto economico di questa malattia è stimato in oltre 150 milioni di euro all’anno. Addirittura, nella sola popolazione giovanile, il gozzo interessa almeno il 20 per cento delle persone. Si può quindi affermare che nel nostro paese il gozzo sia da considerarsi endemico, visto che supera la soglia del 5 per cento di prevalenza posta dall’OMS per definirlo tale. Il sale iodato è la soluzione proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per combattere i disordini da carenza iodica, che si possono sviluppare in alcune Regioni del pianeta, in base alla concentrazione più o meno elevata di Iodio presente nel terreno, e di conseguenza, nei suoi frutti (e negli animali che se ne cibano). Anche le abitudini alimentari influenzano l’apporto iodico. In Giappone, per esempio, dove il consumo di alghe (alimento ricco di iodio per eccellenza), è diffusissimo, il problema non sussiste, anzi spesso è necessario adottare misure per prevenire eventuali eccessi, anche se l’organismo è perfettamente in grado di eliminare il surplus di iodio con le urine. In ogni caso, particolare cautela si deve avere nell’utilizzo di alcuni integratori alimentari contenenti quantità elevate di iodio (solitamente a base di alghe), perché potrebbero portare ad una assunzione eccessiva. Ma cos’è il sale iodato? Il sale iodato è il comune sale da cucina ricavato dall’acqua di mare o dalle miniere di salgemma, quindi addizionato artificialmente di iodio sotto forma di ioduro o iodato di potassio. In Italia ogni chilogrammo di sale iodato contiene 30 mg di iodio. Il suo utilizzo non ha controindicazioni e il suo sapore è esattamente lo stesso del sale comune da cucina. Tuttavia il consumo da patte della popolazione, e la sua diffusione nei punti vendita, è ancora troppo poco capillare per garantirne un consumo quotidiano da parte di tutti. Da tutte le considerazioni effettuate emerge quindi l’importanza della sensibilizzazione delle persone, al fine di diminuire il consumo di sale in genere e, seppur nelle quantità massime indicate, favorire il consumo di sale iodato. Tale sensibilizzazione andrebbe fatta a più livelli, sia come azione di pubblica utilità da parte delle istituzioni, sia come formazione specifica da parte dei singoli professionisti (nutrizionisti e medici) al fine di rendere il consumatore sempre più consapevole delle scelte da fare sia negli acquisti, sia nella preparazione degli alimenti, e imparare sempre di più a tutelare la propria salute. Le linee guida della sana alimentazione sono sempre la base da cui partire per mantenersi in salute: poca carne, latticini e pesce due volte la settimana, pochi grassi saturi, pochi salumi e pochi dolci, tanta frutta, verdura e cereali integrali, movimento giornaliero, almeno 1 litro e mezzo di acqua al giorno. Minimizziamo l’utilizzo dei dadi, e aggiungiamo il sale iodato! |
ABOUTCon questa pagina il mio obiettivo è di riportare informazioni, novità o curiosità dal mondo scientifico, opportunamente lette in chiave critica e riproposte in chiave semplificata, affinché possano risultare di interesse per coloro che, sempre più numerosi, sono attenti alla salute tramite l'alimentazione: coloro che vogliono capire per poter scegliere
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